Identità Nazionale Cubana
Nel XXI secolo, ancora, il mondo continua a ripetere l’errore commesso dagli spagnoli al classificare la cultura aborigena trovata da Colon e da chi l’ha seguito nell’avventura della colonizzazione in quella terra nominata America. Una percezione sbagliata è la causa di una forviata informazione e quindi, di una non meno errata definizione: indios ha chiamato lo "scopritore" gli abitanti dell’America. Le informazioni di cui si dispone fino ad adesso furono influenzate dalla concezione europea e cristiana degli spagnoli, quindi il messaggio a noi trasmesso è completamente errato. Cronisti delle Indias erano così chiamati chi raccontava la loro percezione del nuovo mondo? A partire di ciò che hanno visto e di quello che accadeva. Uno dei famosi cronisti agli inizi diventò famoso per essere stato il più grande difensore degli abitanti della terra ritrovata, padre Bertolome de Las Casas. Chi ci racconta i terribili avvenimenti di quella vicenda storica. Nel caso specifico di Cuba, Bartolome de Las Casas che racconta la vita degli aborigeni con più realismo e a sua volta con sensibilità, individuò tre tipi di culture diverse, in quanto ai tratti somatici, étnici, idiomatici e pure sulla base del loro sviluppo sociale, chiamandoli guanahatabey, siboney e tainos.
La civiltà che gli spagnoli trovarono al loro arrivo, giunta a Cuba dall’America continentale è poco conosciuta dagli stessi spagnoli. La prima presunta rotta è quella dell’America del Nord intraprendendo il Golfo del Messico. I primi gruppi erano cacciatori situati storicamente nel paleolitico. Erano d’origine mongola. La seconda migrazione, risalente a circa 4500 anni fa, veniva dal Centro e Sudamerica, erano fisiognomicamente simili al primo gruppo. La terza y quarta migrazione arrivarono dalle Antille circa 500 anni a.c.
Una definizione più attendibile sulla base del loro sviluppo e le loro attività, stabilisce tre gruppi d'accordo all'era in cui si sono individuati: era della "concha", conchiglia (Guanahatabey), era della pietra (Siboney) ed era della ceramica (Taína). In comune avevano la loro organizzazione, matriarcale, con divisione del lavoro secondo il sesso e l’età. La loro religione era animista con il culto agli antenati.
Gli aborigeni dell’era della "concha" appartenevano al gruppo mesolitico e s’insediarono nella costa sud dell’occidente dell’isola. In questa zona abbondavano i molluschi, crostacei e uccelli, fonte alimentare principale per la loro comunità. Le sue attività principali erano la pesca e la raccolta sul litorale. Svilupparono tecniche per la confezione di prodotti a base di conchiglie marine. Vivevano all’aperto o dentro delle grotte.
Gli aborigeni dell’era della pietra, si localizzarono storicamente anche loro nel mesolitico tardivo, insediati nelle zone nord e centro dell’Isola. Svilupparono la caccia, la pesca, anche senza lasciare la forma più primitiva di vita, la raccolta. Usavano il fuoco e la tecnica per il taglio delle pietre.
Agricoltori e ceramisti.
Erano più sviluppati. Costruivano le case, Oggi ancora si vedono nella campagna cubana, case simili, più modernizzate, forse. Oltre alla caccia di jutías (roditori enormi) e uccelli, si occupavano della pesca e raccolta di frutti. Ma la novità più grande che questa cultura ci lascia è la loro organizzazione sociale; elaboravano la ceramica e praticavano l’agricoltura .
Una particolare virtù caratterizza a Cuba, quella d’esse un’isola. Questo particolarità aiutò alla conformazione dell’identità nazionale. Un fenomeno contrario si verificò in Italia.A Cuba si creo un senso di appartenenza e identità nazionale. Invece se guardiamo l’isola come realtà continentale, l’esistenza di una lingua, una religione e tratti culturali comuni, integra il cubano all’America Latina.
L’Identità Nazionale in genere parte dalla concorrenza e la lotta di diverse culture di svariate zone geografiche, che in un momento determinato della loro storia alternano la fusione, assimilazione e sincretismo. Questo fenomeno si può definire come sintesi di transculturazione. Nel suo libro “Contrapunteo cubano del tabaco y el azúcar”, Fernando Ortiz ha espresso che la cultura è il risultato di un processo di transculturazione, non solo nella cultura, anche nella storia.
Lo scienziato cubano Fernando Ortiz diceva che la cultura cubana è un puro ajiaco (un cibo misto, a base di diversi tuberi: yuca, patata, platano con pezzi di carne e senz’altro “aji”; una specie di peperoncino. In una pentola con acqua si fa bollire e si ottiene un brodo molto denso e nutriente) un misto di diverse culture. E’, Il risultato di un processo di transculturazione, non solo della cultura, anche della storia di Cuba.
I ricercatori lasciano ai cubani la piacevole convinzione che i “tainos” donano diverse parti importanti della nostra identità nazionale. "Araeito" era il ballo di cui abbiamo non solo notizie, ma anche influenza importante. Il loro ritmo, la cadenza e il movimento circolare con le mani intrecciate sono ricostruiti nella cerimonia delle sedute spiritiche in certe regioni dell’oriente di Cuba. Ma anche in certe danze e ritmi della musica a Cuba. La fusione della cultura spagnola e la taina tramandano ai cubani la dolcezza nel canto e certi ritmi cui si è aggiunta la capacità musicale degli africani.
Per quanto riguarda il linguaggio a Cuba, molti dei vocaboli usati dagli aborigeni s’impiegano oggigiorno. Ad esempio, Maniabón, Guanabacoa (luoghi) Guayaba (frutto) cutara (ciavatta) cabuya, cahoba (legno), ecc. e così prodotti alimentari come il pane di yuca, chiamato casabe.
La cultura spagnola nel “ajiaco” cultural cubano è sicuramente quella che ci lascia più influenza nella conformazione dell’identità nazionale cubana. Lingua, abitudini nel mangiare e la religione cattolica che entrò nella coscienza di tutta America latina: Natale, carnevali e altre feste tradizionali presenti nelle provincie a Cuba come “parrandas o romerias”, celebrazione che si ha più nelle ore notturne (altro aspetto importante introdotto dagli spagnoli), può fornirci d’informazioni circa la forte presenza spagnola nell’isola. Anche se la politica di Stato negli ultimi cinquanta anni ha allontanato il cubano medio della chiesa e quindi avvicinato ai riti sincretici. Questi e molti altri sono alcuni degli elementi importanti che abbiamo ereditato da Castiglia, Andalusia e altre zone della Spagna. Bisogna tenere conto che le civiltà aborigene furono in pochi anni sterminate e che per molto tempo rimasero a Cuba gli spagnoli quasi nella loro, per così dire, solitudine culturale: fino all’inizio dell’importazione della mano d’opera dall’Africa. Persino dopo l’indipendenza raggiunta nel 1898, durante la prima parte del XX secolo avvenne un’immigrazione di centinaia di migliaia di spagnoli a Cuba. Il sapore piccante del comportamento cubano ci arriva senza dubbio dell’Andalusia. Così come indumenti che portano sulla testa: sombrero lo scialle, ecc.
La musica e il ballo cubani con la presenza della chitarra, i lauti e alcuni altri istrumenti evidenziano la forte carica di cultura spagnola che contiene la nostra musica. Pure la pennichella romana trasmessa alla sua seconda provincia dall’impero romano fa parte della cultura cubana importata o esportata dagli spagnoli a Cuba.
La scomparsa così in breve termine della civiltà autoctona ha giustificato l’introduzione di schiavi africani nel continente a partire del 1513. Un’altra pagina terribile ma che oggi con certe sfumature estetiche stiamo raccontando. Tre grandi invenzioni spagnoli a Cuba, dicono i cubani: la “alpargata” (sorta di scarpa di bassissima qualità fata di stoffa), el “porron” (caraffa) e la multa. Tanto per far rimma.
I paesi con costa in Africa orientale e occidentale furono protagonisti e vittime di un altro dramma nella storia dell’umanità. Tra 1552 e 1820 si stipula la cifra di circa un milione di africani; strappati dalle loro terre che formavano circa 100 gruppi etnici. Queste differenze tra etnie contribuirono alla drammaticità dell’avvenimento. Dovettero vivere soli con il solo spirito.
Il regime imposto dalla Spagna non gli permetteva adorare le loro divinità, ma gli africani presto trovarono la soluzione. Attraverso i santi e immagini cristiani adoravano e celebravano i loro santi. Di questa maniera si produsse la cosiddetta transculturazione, che oggi si chiama sincretismo culturale. I riti più conosciti o praticati a Cuba sono: Regla de Ocha o Santería (tendenza o filosofia del bene); la Regla Congo, Mayombe o de Palo Monte (tendenza o filosofia del male); la Regla Arará; y le Società Segrete Abakua.
Beny Moré, Celia Cruz, Miguel Matamoros per citare alcuni dei miti della musica cubana sono di razza nera o meticci, nel caso di Miguel Matamoros, cui chiamavano il classico “criollo” cubano.Il XX secolo fu arricchito con una grossa immigrazione. Oltre agli spagnoli; libanesi, cinesi, Siriani, ebrei dell’Europa del Est, ecc.
La letteratura cubana, una delle più importanti della America ispanica, presenta personaggi come josé Maria Heredia a José Martì. Coloro che come se fosse un destino genetico, ci rimandano la fantasia creativa nel XX secolo dove Cuba esibisce geni poetici come Lezama Lima o Dulce Maria Loinaz e narratori dell’altitudine intellettuale di Guillermo Cabrera Infante, Alejo Carpentier o Lidia Cabrera.
Dagli africani abbiamo adottato e inserito le capacità - che loro geneticamente portano - di muoversi ritmicamente, le abilità sportive (sono decine i campioni mondiali nelle diverse discipline sportive), il leggendario “tambor” e altri elementi assimilati nella nostra cultura.
A metà del sedicesimo secolo incomincia a trasformarsi il volto della cultura dominante, la spagnola e con il misto delle due razze inizia a formarsi una nuova concezione della cultura cubana. Questo processo di cambiamento o mutamento della psicologia sociale e degli interessi nelle attività umane, nel verso socio-economico, presenti nella mentalità della metropoli, al cittadino misto in tanti versi della colonia, condusse a ciò che gli storici o sociologi hanno denominato “criollismo”: di creolo.
Senza entrare nei dettagli circa il distacco che si creo tra la cultura nazionale cubana, psicologia e interessi di quella della metropoli, nata e cresciuta, prima del 1868 . Perché sono vari i personaggi , che prima di quella data, con il loro protagonismo, hanno espresso con forza e energia un pensiero diverso di quello degli spagnoli. Nonostante a ciò, ritengo importante distaccare che l’inizio delle guerre d’indipendenza dalla Spagna segnò il momento culmine della nostra identità nazionale dove bianchi, neri e mettici si sono uniti nella lotta per l’indipendenza: una fusione del creolo nero con il creolo bianco per raggiungere un obiettivo comune.
Carlos Carralero
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